Seleziona una pagina

Cecoslovacchia e Slovacchia

Cecoslovacchia

Quando si parla della disintegrazione della Cecoslovacchia, la storiografia ufficiale tende a presentarla come un puro atto di prepotenza nazista sostenuto da una forza militare preponderante nonché dall’arrendevolezza degli Anglo-Francesi.

In realtà, sul piano militare, la Cecoslovacchia era tutt’altro che debole, potendo mettere in campo 45 divisioni quando i generali cechi, per battere i Tedeschi, ne richiedevano solo 37 (1).

La Cecoslovacchia, stato creato artificiosamente alla caduta dell’impero austroungarico, era però minata al suo interno dalla massiccia presenza di minoranze di altre nazionalità. I Tedeschi dei Sudeti si erano organizzati nel Sudetendeutsche Partei (Sdp) di K. Henlein, showimg2 di chiara ispirazione nazista, che disponeva di un efficiente apparato armato clandestino: una sua pericolosa rivolta era già stata soffocata nel sangue dai Cechi.

Allo stesso modo gli Slovacchi aderivano in massa al Partito Cattolico Popolare Slovacco di Mons. Tiso, apertamente fascista.

Questo partito « cattolicamente reazionario, anticeco e filonazista » (2) aveva nella milizia delle «Guardie di Hlinka» (3), il suo braccio armato; contemporaneamente anche le altre minoranze nazionali — Magiari, Ruteni e Polacchi — davano segni di turbolenza e cercavano di scrollarsi di dosso l’egemonia ceca.

Se i Cechi si fossero opposti alle richieste delle minoranze nazionali avrebbero dovuto affrontare non solo la Germania, ma anche le rivolte interne degli altri gruppi etnici e, forse, anche l’invasione ungherese e polacca.

Con l’accordo di Monaco i Sudeti passavano alla Germania la città di Teschen alla Polonia, le zone meridionali abitate da Magiari all’Ungheria. Nel Marzo 1939 poi, gli Slovacchi insorgevano instaurando uno stato fascista indipendente mentre la Rutenia (che era anch’essa insorta) passava all’Ungheria.

Con lo sfacelo dello stato cecoslovacco, decadevano gli accordi di Monaco e la Germania assumeva il protettorato della Boemia e Moravia (4).

La resistenza ceca in Boemia – Moravia e le forze all’estero

Il premier cecoslovacco, rifugiato a Londra, organizzò, nel corso della seconda Guerra mondiale, un esercito all’estero, Il grosso era composto dalle formazioni create in U.R.S.S. dai Sovietici.

I primi reparti arrivarono al fronte nel Febbraio 1943 e alcune unità presero parte, in ottobre, alla battaglia di Kiev. Il «Corpo d’Armata Cecoslovacco» al comando del generale Svoboda, arrivò, al termine della guerra, a contare 60.000 uomini con 21 aerei russi e prende parte alla conquista della Slovacchia e alla liberazione della Boemia-Moravia. Altre unità — tra cui una brigata corazzata — riunite in una «Armata Cecoslovacca» operarono in Francia e nel Medio Oriente alle dipendenze degli Alleati occidentali e tre gruppi aerei presero parte allo sbarco in Normandia.

La Boemia-Moravia, i Cechi del protettorato, si mostrò sempre di sentimenti anti tedeschi ed antifascisti.

La resistenza ceca si divideva in due correnti: quella democratica e quella comunista.

Dopo una fase iniziale di resistenza spontanea ma disorganizzata, che causò loro gravi perdite senza conseguire risultati positivi, i gruppi demo­cratici e progressisti si unirono nell’U.V.O.D. (Direzione Centrale Resistenza Interna) (5) — dipendente dal governo in esilio — articolandosi in tre grandi tronconi: quello militare, (O.N.) responsabile di attentati, sabotaggi e disordini; quello politico (P.U.) e quello delle informazioni (P.V.V.Z.) per lo spionaggio. Oltre ad una massiccia opera di sabotaggio, l’U.V.O.D. si rese responsabile di due attentati terroristici alla stazione di Berlino e alla «birreria di Monaco». Accanto all’U.V.O.D. agì, dal Giugno 1941 in poi, il P.C.T. (Partito Comunista Ceco) la cui organizzazione era divisa in 13 «regioni» ( 8 in Boemia e 5 in Moravia).

Nel corso del 1941, a causa della Resistenza, la produzione industriale del protettorato era calata del 20%. Quando, nel settembre 1941, venne nominato «Reichsprotektor» Reihnart Heydrich la situazione mutò bruscamente. Invece di continuare con la politica di repressione indiscriminata che irritava il popolo Ceco favorendo la Resistenza, Heydrich concentrò i suoi sforzi nella disarticolazione dei gangli vitali dell’opposizione clandestina colpendo particolarmente coloro che si erano infiltrati nell’apparato statale.

Contemporaneamente, aumentò la razione di cibo e la paga per gli operai (6) e, sul piano culturale, inaugurò una politica di esaltazione di 5. Venceslao, patrono della Boemia, che aveva ordinato ai Cechi di mantenersi fedeli ai Tedeschi e di vivere nella loro orbita politico-culturale. Ben presto la produzione bellica tornò ad un livello soddisfacente mentre la Resistenza perdeva forza e credibilità e gran parte del popolo si portava, se non su posizioni filo-naziste, per lo meno di benevola neutralità.

Lo stesso Heydrich potè affermare che dal 40 al 60% dei Cechi era ormai pronto per essere integrato, a tutti gli effetti, nel popolo tedesco. Questo, ovviamente non poteva essere tollerato dal governo ceco a Londra che inviò un gruppo di “specialisti” in Boemia per eliminare Heydrich – con l’evidente e cinico scopo di scatenare la rappresaglia tedesca contro la popolazione locale e riportarla dalla parte della Resistenza.

L’azione, nonostante la opposizione di moltissimi partigiani, fu portata a termine il 27 maggio 1942. Heydrich moriva Otto giorni dopo (7). La terribile reazione andò però oltre il previsto abbattendosi implacabile su attivisti, fiancheggiatori e simpatizzanti della Resistenza: 936 condannati a morte solo a Praga, 395 a Brno, 199 a Lidice che venne rasa al suolo.

Altre migliaia di cechi vennero incarcerati. Anche gli autori dell’attentato vennero uccisi in seguito alle soffiate di un «pentito» che si era costituito. L’U.V.O.D. fu totalmente annientato in un mese, il P.C.T. venne «decapitato» e semi paralizzato dagli arresti. Nel 1943 i superstiti dell’U.V.O.D. organizzarono il «P.N.R.V.» e l’«R.3 ».

Questi gruppi, tutto sommato deboli e di poca importanza, si unirono successivamente al P.C.T., più forte ed efficiente. Vennero così formate bande partigiane per un totale di 5.000 uomini e si dette inizio, verso il 1944, alla guerriglia. Questa poi doveva sfociare, negli ultimi giorni di guerra, nell’insurrezione di Praga, alla quale partecipò praticamente tutta la popolazione della città dimostrando così l’avversione dei Cechi per il dominio germanico.

Vi furono, tuttavia, anche dei collaborazionisti, provenienti dall’area della destra conservatrice guidati da Hacha, presidente della Boemia-Moravia.

Furono questi a fornire al Reich la struttura amministrativa del protettorato rendendo così possibili l’utilizzazione dell’industria e del proletariato locale ai fini della produzione bellica. In Boemia-Moravia vennero prodotte per esempio grandi quantità di carri, semoventi, cacciatori, semoventi antiaerei oltre ad armi leggere di tutti i tipi. Del solo 38 «T», ad esempio, furono prodotti 1.186 esemplari.

Allo stesso tempo la gendarmeria ceca, benché vi abbondassero i casi di «doppio gioco» prese parte alle operazioni contro la Resistenza. Anche le truppe ceche nell’esercito tedesco, 12 battaglioni con 6.000 uomini, vennero utilizzati per la lotta antipartigiana in Italia, ma si mostrarono talmente poco fidati che i Tedeschi preferirono disarmarli e incarcerarli (ottobre 1944). Fedeli fino in fondo furono invece i 5.000 nazisti cechi delle Waffen SS confluiti nella Divisione «Bohmen und Maren» che presero parte alle ultime battaglie della 2a guerra mondiale in Europa.

Slovacchia

Già prima della guerra i fascisti slovacchi si erano organizzati nel Partito Cattolico Popolare Slovacco e nella sua milizia armata, la «Guardia di Hlinka». Entro il 1938, controllavano politicamente la Slovacchia e godevano di vasti consensi popolari anche grazie all’appoggio del clero locale. Nel marzo 1939, i fascisti insorgevano proclamando l’indipendenza slovacca. Lo stato slovacco si dette una struttura corporativa simile a quella italiana, adottò una politica razziale di tipo nazionalsocialista e iniziò una guerra senza quartiere contro il Partito Comunista Slovacco (P.C.S.), l’ebraismo e la massoneria. In politica estera, il governo di Tiso strinse legami politici, militari ed economici con la Germania.

A prima vista potrebbe sembrare strana la diversità di comportamento politico tra gli Slovacchi, filo nazisti, e i Cechi visceralmente antifascisti e democratici.

Vi sono però cause storiche e culturali ben precise che spiegano questa contrapposizione tra i due popoli slavi. Tra i Cechi era stata più forte l’influenza culturale protestante e, quindi, del liberalismo democratico e del progressismo illuminista, favoriti da una tendenza all’urbanizzazione ed all’industrializzazione.

Per contro il popolo slovacco, economicamente più povero, profondamente religioso, era strettamente legato alle gerarchie religiose locali molto tradizionaliste. Gli Slovacchi, ancora in gran parte contadini – e proprio per questo istintivamente anti liberali – erano decisamente avversi alla mentalità dei «liberi pensatori» della Boemia-Moravia e, per di più mal sopportavano lo sfruttamento economico cui li aveva sottoposti la borghesia ceca. La tendenza all’ottenimento di una propria indipendenza nazionale fu solo il corollario di queste differenze socio-culturali.

Nel settembre 1939, la Slovacchia divenne la prima alleata di Hitler: l’esercito e l’aviazione slovacca invasero la Polonia insieme alle truppe germaniche. Nel giugno 1941, la Slovacchia prendeva parte all’invasione dell’U.R.S.S. inviando l’aviazione e la «divisione celere» che operò in Ucraina, Crimea e Caucaso inquadrata nel LVII Corpo corazzato, dando buona prova di sé. Successivamente, entrò in linea anche la 2a divisione di fanteria.

Tutte queste forze e le guarnigioni dislocate in Patria (comprendenti anche la gendarmeria) nell’agosto 1944, dopo cinque anni di guerra, contavano ancora 32.000 uomini in armi. Gli Slovacchi disponevano anche dell’U.S.B. ( la «Gestapo » slovacca) e, cosa più importante, della «Guardia di Hlinka» che nel frattempo si era trasformata in una organizzazione vastissima comprendente quasi tutta la popolazione maschile adulta del Paese.

Praticamente i soli a non far parte della «Guardia» furono i vecchi, i bambini, e gli Slovacchi di origine tedesca (che avevano formato un piccolo partito nazista locale). La « Guardia » controllava anche altre organizzazioni paramilitari come la «Rodobrana » (8) e la «Gioventù di Hlinka ». Entro il 1943, inoltre, la Slovacchia aveva dato 5.500 volontari alle Waffen SS.

È degno di nota che il P.C. S., unico vero gruppo di resistenza in Slovacchia, abbia subito dure sconfitte ad opera dei fascisti locali. L’organizzazione comunista, forte ed efficiente all’inizio della guerra, riuscì ad attuare alcune azioni di disturbo (alcuni scioperi locali, propaganda ecc.) per essere poi «decapitata» dalle forze fasciste.

Nel 1942-43, i comunisti tentarono di organizzare unità partigiane ma le prime sparute bande di guerriglieri furono facilmente disperse dalle «Guardie di Hlinka» e da altri gruppi paramilitari mentre, per due volte, l’intera direzione del partito cadde nelle mani dei fascisti. Che le deboli forze comuniste fossero praticamente annientate emerge anche da un rapporto segreto della centrale dei servizi di sicurezza nazisti nel gennaio 1944 che affermava testualmente: « In seguito alla collaborazione tra la polizia tedesca e quella slovacca, sono stati liquidati per sempre i gruppi clandestini comunisti in Slovacchia. L’attenzione è stata specialmente attratta dall’alto numero di funzionari ebrei e dai collegamenti con gli intellettuali » ed era chiaro « che l’attività clandestina non poteva raggiungere più quella vasta organizzazione di cui disponeva l’apparato comunista distrutto nel 1941 ».

Proprio in quei mesi del ‘44, tuttavia, il fronte si avvicinava e i Russi si affrettarono ad inviare materiale ed oltre 3.000 uomini esperti in azioni di guerriglia. In agosto, la Resistenza contava 44 bande con oltre 15.000 uomini dei quali 7.000 circa erano stranieri (9) e dava inizio alla guerriglia.

Contemporaneamente, i comunisti avevano preso contatto con gli elementi antifascisti delle forze armate: la fame e la miseria causate dalla guerra, la demoralizzazione per le sconfitte subite, la perdita dei quadri migliori dell’esercito sul fronte dell’Est favorirono la manovra dei filo sovietici che, non solo intensificarono i colpi di mano arrivando ad uccidere 28 Tedeschi, tra cui un generale, provenienti dai Balcani, ma tentarono di dare vita ad un «8 settembre» slovacco.

Secondo i loro piani, l’esercito slovacco guidato dagli ufficiali antifascisti, avrebbe dovuto: 1) rovesciare il regime fascista di Tiso, 2) attaccare le forze tedesche nella zona aprendo così un enorme varco nel fronte orientale permettendo all’Armata Rossa di dilagare verso l’Europa centrale e 3), estendere l’insurrezione alla Boemia-Moravia.

Nonostante le perdite subite in Russia, l’esercito slovacco disponeva ancora di 32.000 uomini. Il 10 settembre 1944, veniva dato il via all’insurrezione a cui aderirono varie guarnigioni nella Slovacchia centrale e orientale. Le due divisioni schierate sul fronte dell’Est, le unità della Slovacchia occidentale di Presov e di Kezmarok invece, rimasero fedeli all’Asse restando al fianco dei Tedeschi o sciolsero i reparti dopo aver consegnato le armi alle più vicine unità delle SS.

I comunisti avevano ora il controllo della Slovacchia centrale e di una sacca di quella orientale . Gli insorti, tuttavia, non erano numericamente sufficienti per difendere un territorio così vasto e decisero così di dare il via alla «mobilitazione» forzata di tutta la popolazione maschile adulta giungendo —secondo la storiografia ufficiale comunista cecoslovacca — nell’ottobre 1944, a formare sulla carta, un «esercito» di 60.000 uomini, di cui però non si fidavano nè i partigiani comunisti, nè i sovietici (10). I fatti dettero loro ragione: in meno di un mese queste unità reclutate con la forza scomparvero di fronte all’avanzata delle SS. e delle «Guardie di Hlinka» ed i resistenti si trovarono ad essere 18.000 (cioè solo 3.000 in più rispetto al mese precedente l’insurrezione, contando anche i partigiani stranieri).

La rivolta era fallita: militarmente sconfitti, politicamente isolati i partigiani non potevano che ridursi a difendere sacche di resistenza sui monti.

A questo punto le forze tedesche cominciarono ad essere trasferite sul pericolante fronte orientale mentre in Slovacchia i partigiani tentarono di sopravvivere all’offensiva delle «Guardie di Hlinka» che, tra il novembre 1944 e l’aprile 1945 riconquistarono decine di villaggi e borgate precedentemente occupati dai comunisti, infliggendo loro dure perdite e riprendendo i contatti con la rete politica e informativa fascista locale che era sopravvissuta all’insurrezione comunista.

In particolare si possono ricordare i combattimenti di Kremnica (febbraio 1945) in seguito ai quali furono fucilati 745 partigiani, di Kaliste, (18 marzo) e di Ladce (1 aprile). Il movimento partigiano, militarmente sconfitto, ormai incapace di andare oltre l’azione di disturbo a carattere locale rischiava di essere completamente annientato quando arrivarono in suo aiuto l’Armata Rossa e il «Corpo d’Armata Cecoslovacco»: lo Stato slovacco indipendente veniva cancellato ed i suoi dirigenti perseguitati. Anche la capitale Bratislava cadeva e la Slovacchia tornava ad essere sottoposta al dominio di Praga dopo 6 anni di indipendenza nazionale durante i quali si era battuta con fedeltà dalla parte dell’Asse.

Il regime, improntato ad un intransigente «fascismo cattolico», era stato una espressione peculiare dell’ideologia tradizionale di questo piccolo popolo slavo. La resistenza — quasi esclusivamente comunista e «gestita » direttamente da Mosca – ottenne consensi solo nell’ultimo anno di guerra durante il quale subì peraltro pesanti sconfitte militari.

Per quanto riguarda le altre zone della vecchia Cecoslovacchia, annesse direttamente da Germania ed Ungheria, le popolazioni locali di origine tedesca, magiara e rutena, oltre 4 milioni di abitanti sui 14 della vecchia Cecoslovacchia, si mostrarono fortemente favorevoli all’Asse. Gli abitanti dei Sudeti vennero mobilitati e inquadrati nell’esercito tedesco mostrandosi efficienti e fedeli quanto i Tedeschi del resto della Germania dei quali, sotto il dominio ceco, non avevano mai smesso di considerarsi fratelli. Anche i Tedeschi residenti in Slovacchia si organizzarono nel «Deutsche Partei» di Karmasin appoggiando il fascismo slovacco. Gli abitanti delle altre aree, erano invece cittadini magiari e come tali fornirono forti contingenti all’esercito ungherese combattendo sul fronte dell’est.

Marzio Pisani

(1) Nel settembre 1938, l’esercito cecoslovacco disponeva di 4219 cannoni, 2253 carri ed autoblinde, 1213 aerei, ed armamento leggero per armare oltre 650.000 uomini. L’esercito cecoslovacco poteva inoltre contare sulla linea fortificata dei Sudeti — paragonabile alla Maginot —nonché su un’efficiente industria bellica. Tutto questo materiale sarà utilizzato da Tedeschi e Slovacchi.
(2) Giorgio Vaccarino, Storia della resistenza in Europa, 1938-1945, vol. I° pag. 244 —Feltrinelli — Aprile 1981.
(3) Padre Hlinka, sacerdote slovacco, fondatore ed ideologo del Partito Cattolico Popolare. Morto nel 1938.
(4) È degno di nota che, qualunque possa essere il giudizio morale sull’episodio, esso fu completamente legale: il Protettorato germanico fu infatti richiesto dal legittimo presidente cecoslovacco Hacha.
(5) L’U.V.O.D. era in contatto anche con il comitato tedesco antinazista.
(6) Anche nel Protettorato, come praticamente in tutti i Paesi in guerra, era in vigore un razionamento del cibo per la popolazione civile.
(7) Una equipe di tre medici di altissimo livello — 2 Cechi ed un Tedesco — fecero tutto il possibile per salvarlo, ma le ferite, provocate dall’esplosione di una bomba a mano a distanza ravvicinata, erano troppo gravi e tutti gli sforzi servirono solo a prolungare l’agonia del ferito.
Hitler stesso affermò che la sua morte fu «una battaglia perduta».
(8) La Rodobrana era in origine un gruppo che raccoglieva i fascisti più intransigenti. Dopo la presa del potere confluì nella Guardia di Hinka diventandone un gruppo di èlite.
(9) Di questi ben 3000 erano sovietici a cui si aggiungevano detenuti politici e prigionieri di guerra evasi da campi di concentramento tedeschi e ungheresi. Si contavano, ad esempio, 800 Ungheresi, 400 Francesi, 200 Tedeschi e 100 Polacchi, mentre altre centinaia di partigiani furono inviati dalla Resistenza ceca. Vi era anche un piccolo numero di antifascisti italiani.
(10) Gli alleati inviarono moltissimi agenti ed ingenti quantitativi di armi e munizioni agli insorti. La percentuale in uomini e materiale di gran lunga maggiore era quella fornita dai Sovietici, che preferirono non dare nessun aiuto alle unità di «mobilitati». Che il reclutamento forzato di massa fosse cominciato fin dall’inizio dell’insurrezione appare evidente anche da un rapporto segreto nazista dei primissimi giorni dell’insurrezione.