Cecoslovacchia: Lo stato della Cecoslovacchia nacque nell’ottobre del 1918, dalla dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico alla fine della prima guerra mondiale.
Consisteva negli attuali territori della Repubblica Ceca, della Slovacchia, e della regione della Rutenia subcarpatica oggi in Ucraina.
Il territorio del nuovo stato comprendeva alcune delle regioni più industrializzate del precedente Impero Austro Ungarico.
Fino alla seconda guerra mondiale fu una repubblica democratica, ma fu caratterizzata da contrasti etnici.
Le difficoltà erano dovute al fatto che il secondo e il terzo dei maggiori gruppi etnici del paese (rispettivamente Tedeschi e Slovacchi) non erano soddisfatti del dominio economico e politico dei Cechi. Molti appartenenti alle comunità tedesca e ungherese non accettarono mai realmente la creazione del nuovo stato.
Tedeschi, Ungheresi e Polacchi e anche alcuni Slovacchi avevano la percezione di essere svantaggiati, poiché nel paese era stato introdotto un governo centralizzato e in linea generale non fu permessa alcuna autonomia politica ai gruppi etnici minoritari.
Questa politica, unita alla crescente propaganda del regime nazista della Germania svolta nella regione industriale di prevalente lingua tedesca dei Sudeti, portò un sempre maggiore disagio nella popolazione non ceca.
Poco prima della seconda guerra mondiale la Cecoslovacchia divenne un obiettivo di Hitler. Dopo gli accordi di Monaco del 1938, le truppe tedesche occuparono le regioni di confine della Boemia e della Moravia etnicamente tedesche (i Sudeti), mentre l’Ungheria acquisì i territori della Slovacchia meridionale e le restanti regioni slovacche e la Rutenia ricevettero uno statuto autonomo entro lo stato cecoslovacco.
Nel marzo del 1939 la Cecoslovacchia cessò di esistere, quando Hitler occupò il resto della Boemia, mentre la Slovacchia fu costretta a proclamare la propria indipendenza. Durante la seconda guerra mondiale i territori boemi formarono il Protettorato di Boemia e Moravia, governato direttamente dalla Germania. Il neonato stato della Slovacchia divenne un alleato della Germania nazista.
Le truppe slovacche combatterono sul fronte russo fino all’estate del 1944, quando le forze armate slovacche si ribellarono al proprio governo: la ribellione fu stroncata dall’esercito tedesco dopo diversi mesi di combattimenti.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale lo stato della Cecoslovacchia fu ristabilito quale era in precedenza. Il gruppo etnico tedesco fu espulso dal paese, mentre la Rutenia fu occupata dall’Unione Sovietica e in seguito le fu definitivamente ceduta.
Tre anni più tardi il Partito Comunista Cecoslovacco prese il potere (1948-1989) in seguito alla vittoria nelle elezioni parlamentari. La Cecoslovacchia entrò dunque nell’orbita di influenza dell’Unione Sovietica.
Ad eccezione di un breve periodo durante la Primavera di Praga alla fine degli anni 1960 il paese fu caratterizzato dall’assenza di democrazia e da una certa arretratezza economica in rapporto ai paesi dell’Europa occidentale, sebbene la sua economia si mantenesse più avanzata di quella dei suoi vicini dell’Europa orientale. In campo religioso veniva ufficialmente promosso e insegnato l’ateismo.
Nel 1969 la Cecoslovacchia divenne uno stato federale, che riuniva la Repubblica Socialista Ceca e la Repubblica Socialista Slovacca. Sotto questa forma di governo le disparità sociali ed economiche tra i gruppi etnici ceco e slovacco furono in larga parte eliminate.
Il 24 novembre 1989 si dimise il segretario del partito comunista cecoslovacco Milos Jakes, ostile alle riforme, come aveva dimostrato ordinando la violenta repressione della manifestazione in ricordo di Jan Palach il 15 gennaio precedente.
Fu dopo quell’ostentata dimostrazione di forza che l’opposizione si organizzò con appelli e manifestazioni culminati il 17 novembre in un comizio sulla piazza San Venceslao di Praga cui parteciparono 50.000 persone brutalmente attaccate dalla polizia.
Nei giorni successivi i raduni si susseguirono a ritmo quotidiano con grande partecipazione di massa, mentre le opposizioni si raggruppavano nel Forum civico guidato dal drammaturgo Vaclav Havel.
Il 27 novembre il paese fu paralizzato da uno sciopero generale a cui parteciparono 1.000.000 di persone, che induce il parlamento a decretare l’apertura delle frontiere e la fine del monopolio comunista del potere.
Il tentativo di Ladislav Adamec, capo del governo, di mantenere il potere aprendo le porte ai non comunisti fallì per le pressioni popolari che chiesero le dimissioni sue e del presidente Gustav Husak, che il 9 dicembre 1989 si ritirò.
Il 29 dicembre dello stesso anno venne eletto alla presidenza Havel, mentre il giorno prima era stato riabilitato Alexander Dubcek, ex segretario generale del partito comunista cecoslovacco che alla fine dell’anno verrà eletto presidente del parlamento cecoslovacco.