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Nuovo codice commerciale ceco 2014 – fonte: Miroslav Cerny

IL NUOVO CODICE CIVILE CECO

Miroslav Černý, cattedra di Storia del diritto, università “Západočeska univerzita” di Pilsen

Il territorio attualmente racchiuso entro i confini della Repubblica Ceca viene comunemente riconosciuto  come il cuore dell’Europa. L’antica riproduzione allegorica dell’Europa, opera di Johannes Bucius (a. 1547) con l’immagine di una regina che porta al petto una medaglia sulla quale è riportata l’iscrizione Bohemia, conferma la veridicità di questa affermazione.

È evidente che la collocazione strategica del territorio boemo ha sempre attirato l’attenzione dei vicini più forti, con i loro potenti interessi. Ciò che ha contribuito in maniera significativa a contenere il carattere peculiare di questo Stato nell’ambito dei confini storici originari del Regno boemo è il fatto che i suoi confini storici erano delimitati dalle montagne, ciò che permette di riconoscere, almeno in parte, il noto profilo della Boemia anche da una semplice cartina geografica, non politica.
Per quanto concerne l’evoluzione del diritto, e soprattutto del suo ramo più importante, il diritto civile, va ricordato che fino al 1918 il Regno boemo era parte integrante della monarchia asburgica con il governo centrale a Vienna. Il processo di armonizzazione del diritto, fino a quel momento molto frammentato, ebbe inizio nella seconda metà del XVIII secolo con l’imperatrice Maria Teresa, la quale nel 1753 istituì a tal fine una commissione diretta dal professore dell’università praghese, Josef Azzoni.

A dirigere la commissione fu in seguito il suo successore Jan Bernard Zenker. I lavori della commissione diedero vita al c.d. Codex Theresianus, concluso nel 1766, che tuttavia non entrò in vigore a causa della mancata approvazione del Consiglio di Stato. Le critiche nei confronti della proposta furono specificate in un documento redatto a mano dell’imperatrice Maria Teresa, datato 4 agosto 1772, col quale incaricò l’assemblea di rielaborare nuovamente la bozza, evitando questa volta che il codice diventasse il risultato di una sintesi tra un codice e un libro di testo, curando che tutte le norme venissero espresse nel modo più sintetico possibile, fossero eliminati i dettagli superflui e i sottotitoli, fosse esclusa qualsiasi possibile ambiguità e il codice non si basasse esclusivamente sul diritto romano, ma sul principio del buon costume.

Tali istruzioni giocarono un ruolo chiave nella preparazione del codice civile successivamente promulgato, per la cui pubblicazione fu tuttavia necessario attendere ancora una decina di anni .

Il primo codice civile in vigore  anche per il territorio della Boemia diventò l’Allgemeines bürgerliches Gesetzbuch, promulgato il 1° giugno 1811, in vigore dal 1° gennaio 1812. La traduzione ceca uscita a Vienna nel 1812, portava il titolo “Kniha všeobecných zákonů městských” . Il codice, che doveva essere generale ed esclusivo, conteneva 1502 paragrafi ed era suddiviso in una introduzione e tre parti. Tra il 1914 e il 1916 si intervenne sul testo originario con importanti emendamenti.

Il 28 ottobre 1918, infine, a seguito del declino della monarchia austro-ungarica e della nascita della Cecoslovacchia, il suddetto codice fu recepito per mezzo della Legge n. 11/1918 Coll. , che constava di soli cinque paragrafi, ove il § 2 recitava: “Tutte le attuali leggi e i decreti nazionali e imperiali rimangono temporaneamente in vigore”.

A partire dal 1935 e per tutto il periodo immediatamente precedente la seconda guerra mondiale, ebbero luogo i lavori di elaborazione del nuovo codice civile, affidati ad una commissione di esperti giuristi. La commissione diretta dal professor Krčmář arrivò ad un testo definitivo, che tuttavia a causa degli eventi bellici non venne mai adottato.

Solo al termine della Seconda guerra mondiale, durante la quale la Cecoslovacchia fu divisa in modo forzato in due parti (lo Stato slovacco che collaborava con la Germania nazista e il “Protettorato di Boemia e Moravia” occupato dalla Germania), fu possibile procedere alla riforma del codice civile.

L’attività legislativa, però, era oramai sotto l’influenza dell’ideologia comunista dopo che, nel febbraio del 1948, i comunisti avevano usurpato la democrazia, tra l’altro già significativamente limitata, e reso la Cecoslovacchia uno Stato totalitario, i cui organi di potere eseguivano ciecamente le istruzioni che ricevevano da Mosca.

Il codice civile n. 141/1950 Coll., chiamato anche il “codice intermedio”, soddisfaceva già pienamente i requisiti di sostanza corrispondenti all’ideologia comunista e alle idee di Marx e Lenin sul nuovo ruolo del diritto nella loro società ideale.

La finalità principale alla quale doveva mirare era la realizzazione di una Repubblica socialista: al centro stavano gli interessi della società e non gli interessi dei singoli. Il diritto commerciale entrò in disuso; le norme sull’attività artigianale persero di significato quando ebbe luogo la nazionalizzazione non solo delle grandi proprietà, ma anche delle piccole attività autonome artigianali. La proprietà fu divisa in socialista (statale), personale (oggetti di casa e consumi personali) e privata. Questo codice era pieno di contraddizioni: se da una parte aveva già completamente adottato l’ideologia comunista, dall’altra, poiché era trascorso un periodo di tempo troppo breve dalla nascita del regime, il livello qualitativo del legislatore, che attingeva dalla secolare tradizione giuridica, era ancora molto elevato e, anche se fievolmente, si conservava la memoria di taluni istituti giuridici, destinati successivamente ad estinguersi per opera dei comunisti.

Altre riforme importanti dell’ordinamento giuridico cecoslovacco nello spirito del comunismo furono operate solo negli anni Sessanta del XX secolo. Nel 1964 fu adottato il nuovo codice civile con Legge n. 40/1964 Coll. (da ora Codice civile 1964), che tuttavia non disciplinava l’intera materia del diritto civile, ma solo una parte: i rapporti patrimoniali reciproci tra i singoli e i rapporti di questi ultimi nei confronti di organismi statali e cooperative. Accanto ad esso fu posta, come disciplina autonoma, il diritto di famiglia, con l’entrata in vigore della Legge n. 94/1963 Coll. (da ora Codice di famiglia). La regolamentazione dei rapporti commerciali era rimessa, infine, a singole leggi speciali, improntate al sistema economico socialista.

Dopo che nel novembre 1989 il regime comunista fu deposto e la Cecoslovacchia si avviò verso la democrazia,  fu necessario apportare modifiche sostanziali all’intero sistema giuridico. Il legislatore si trovò nuovamente a dover decidere al più presto come regolamentare i rapporti di diritto privato stravolti dal totalitarismo e scelse la strada della continuità giuridica, così come era avvenuto alla caduta dell’Impero austro-ungarico e la nascita della Cecoslovacchia.

Tuttavia, mentre nel 1918 era stato possibile adottare il codice dell’Impero praticamente senza modifiche, il codice civile 1964 del periodo comunista restò in vigore con la stessa numerazione, subendo però profonde modifiche nei contenuti. Le principali di esse furono adottate con la Legge n. 509/1991 Coll. in vigore a partire dal 1° gennaio 1992. Venne altresì introdotta una nuova normativa (Legge n. 513/1991 Coll., da ora Codice di commercio) sui rapporti commerciali, per merito della quale i rapporti di diritto privato furono nuovamente fondati su principi democratici. Anche il codice di famiglia del 1963 venne più volte emendato.

La divisione della Cecoslovacchia del 1° gennaio 1993 in due Stati autonomi, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca, non ha avuto inizialmente alcuna conseguenza sul sistema legislativo, poiché tutte le leggi fino ad allora cecoslovacche rimasero ancora a lungo in vigore, almeno finché – con l’ingresso il 1° maggio 2004 della Repubblica Ceca nell’Unione europea – il legislatore non fu costretto ad ulteriori interventi normativi per adeguare il sistema vigente alla legislazione comunitaria.

La nuova versione del codice civile del 1964, con le modifiche del 1992, era ormai penetrata nello spirito comune, sebbene avesse incontrato critiche tra gli operatori del diritto. Le critiche erano basate in particolare sulla struttura stessa della novella n. 509/1991 Coll., tacciata di essere poco chiara: essa, in effetti, aveva abrogato per intero molti paragrafi, cancellandone i rispettivi numeri, e diviso e contraddistinto altri paragrafi con lettere minuscole collegate ai numeri dei paragrafi. Per queste e altre ragioni, già dal 1996, la dottrina aveva cominciato a discutere della necessità di elaborare un nuovo codice civile.

Nello stesso anno, nella nota rivista di pratica forense Pravni praxe, venne lanciata l’iniziativa di un nuovo codice civile insieme ad una bozza grossolana, approvata nel 2001 dal governo della Repubblica Ceca nella versione finale. Solo nel maggio 2011, tuttavia, venne approvato dal governo il testo definitivo, che nello stesso anno superò la procedura di approvazione nelle tre letture della Camera dei deputati.

La firma del Presidente della Repubblica, Vaclav Klaus, arrivò nel febbraio 2012, con la successiva pubblicazione della Legge n. 89/2012 Coll. nella Raccolta delle leggi con la denominazione di Codice civile (da ora Nuovo Codice civile), la cui entrata in vigore è stata il 1° gennaio 2014.

L’approvazione definitiva non ha tuttavia sedato le discussioni circa l’opportunità e la qualità del Nuovo Codice. Ancora oggi non è certo che la legge entrerà in vigore con l’anno nuovo dato che, in seguito alla crisi politica, il processo di adozione dei decreti attuativi ad esso collegati è fortemente rallentato.

Le osservazioni sostanziali contro il Nuovo Codice civile sono state raccolte nell’articolo di Pavel Hasenkopf , che ha definito il nuovo testo, redatto dal professor Karel Elias, “un sussidio demenziale del costruttivismo giuridico”, sostenendo che il Nuovo Codice civile aveva del tutto disatteso le illuminate istruzioni dettate dall’imperatrice Maria Teresa il 4 agosto 1772.

Hasenkopf ha rimproverato al Nuovo Codice di aver contribuito a distruggere tutto ciò che di valido era stato fatto fino ad allora, incluso ciò che era considerato efficace e di qualità; in particolare le novità più rilevanti emerse nel corso dell’evoluzione giuridica degli ultimi venti anni. Hasenkopf scrive letteralmente che “i comuni mortali si troveranno in una tale incertezza legale da aver paura di comprare un pezzo di pane senza prima aver consultato un avvocato”.

In questa affermazione c’è del vero in quanto è evidente che il Nuovo Codice civile, che modifica tutto – inclusa la terminologia legale di base – per introdurre reiteratamente nel testo concetti e istituti giuridici arcaici, già in disuso da alcuni decenni e noti solo nell’ambiente degli storici del diritto, impegnerà in modo massiccio giudici e avvocati: occorrerà, infatti, un periodo di tempo non breve prima di riuscire a familiarizzare con i concetti e gli strumenti giuridici introdotti e a formare la nuova giurisprudenza.

Il Nuovo Codice civile contiene 3081 paragrafi. Per far comprendere quanto ampio sia stato l’intervento all’interno di una legislazione consolidata, basti citare il § 3080, in cui sono riportate 248 norme che la riforma abroga. Il Codice di commercio del 1991, che costituiva una unità autonoma e una sorta di contrappeso all’attuale Codice civile 1964, viene ora abrogato e le norme di diritto commerciale integrate nel Nuovo Codice civile, ad eccezione delle disposizioni relative alle società commerciali e alle cooperative che, così come la nuova legge sulle corporazioni commerciali (Legge n. 90/2012 Coll.), entreranno in vigore il 1° gennaio 2014. Anche il Codice di famiglia viene abrogato e la relativa disciplina integrata all’interno del nuovo testo di legge.

Il Nuovo Codice civile è suddiviso in cinque parti: parte generale (§§ 1 – 654); diritto di famiglia (§§ 655 – 770); diritti patrimoniali assoluti, che tutelano il patrimonio erga omnes, con eccezione degli casi speciali esplicitamente enumerati nella legge (§§ 976 – 1720); diritti patrimoniali relativi, che comprendono tutta la disciplina del diritto delle obbligazioni, unificata nel nuovo codice per i rapporti tra i privati e per i rapporti tra i soggetti commerciali (§§ 1721 – 3014); disposizioni comuni, transitorie e conclusive (§§ 3015 – 3081).

Uno dei principi giuridici cardine del Nuovo Codice civile è il principio di legalità (§ 1, comma 2), secondo il quale le parti di un rapporto giuridico possono creare, regolare o estinguere diritti e doveri in piena autonomia, qualora la legge non lo vieti espressamente.

A differenza delle leggi dei regimi totalitari, che avevano la tendenza a regolare tutte le questioni umane, la nuova concezione del codice civile ceco è quella di essere solo un mezzo di sostegno per le situazioni in cui le parti non sono in grado di giungere autonomamente ad una soluzione condivisa. Sono vietati solo i comportamenti che violano il buon costume, l’ordine pubblico o i diritti di terzi. Viene rafforzata la tutela dei diritti della persona – vita, salute, libertà, reputazione, onore, riservatezza etc. Nel caso di violazione di tali diritti viene applicato più di prima il risarcimento in forma specifica.

Il § 4, comma 1, definisce il presupposto giuridico secondo il quale ogni soggetto, che gode dei diritti civili, è dotato dell’intelletto di una persona media e della capacità di utilizzarlo con cura e cautela e qualunque controparte può farvi affidamento. Un accento maggiore viene dato in tal caso alla responsabilità del singolo e all’autonomia della volontà contrattuale, rispetto al precedente approccio paternalistico. Per il Nuovo Codice civile la buona fede è un presupposto dell’agire (§ 7), con un chiaro collegamento con la tradizione giuridica classica, ancorata al teorema giuridico dei pacta sunt servanda.

Nel caso in cui i diritti del singolo nell’ambito del diritto privato vengano violati, si suppone che costui sia in grado di difendersi tanto che non sarà rimesso al giudice il compito di cercare cause di invalidità. In linea generale, dunque, diminuisce notevolmente l´uso dell’istituto della decadenza, che doveva essere dichiarata dal giudice stesso, e al suo posto aumenta il ricorso all’istituto della prescrizione, la quale però deve essere eccepita dalla parte che se ne vuole avvantaggiare.

In modo assolutamente originale, il § 13 disciplina il principio della prevedibilità delle decisioni giudiziarie che nella prassi attuale delle corti ceche non funzionava troppo bene: sebbene uno dei compiti della Corte suprema fosse quello di uniformare la giurisprudenza, spesso casi simili venivano decisi in modo diametralmente opposto. Con la novella chiunque ricorra alla giustizia può aspettarsi che il proprio caso venga deciso allo stesso modo di un altro caso, simile nei tratti essenziali, che è stato già fatto oggetto di sentenza. Qualora il giudice volesse discostarsi dal precedente, è tenuto a motivare con particolare meticolosità la propria decisione.

Questa norma naturalmente richiede alle corti un maggiore impegno rispetto a prima e alle parti una maggiore preparazione giuridica a vantaggio di quella parte in grado di ingaggiare il migliore avvocato.

Rispetto al passato, il § 14 estende l’istituto della legittima difesa, secondo cui ognuno può agire a tutela del proprio diritto, qualora sia minacciato e sia evidente l’impossibilità di un pronto intervento da parte della pubblica autorità. I mezzi di difesa utilizzati tuttavia devono essere proporzionati all’offesa minacciata.

Il noto principio superficies solo cedit vigeva sul territorio cecoslovacco fino al 1951, quando la Legge n. 141/1950 Coll. lo ha sostituito con la regola secondo la quale un edificio è un bene autonomo e può essere oggetto di una titolarità diversa dalla proprietà del suolo sottostante. Il successivo Codice civile 1964 recepì questo principio.

Il Nuovo Codice civile viceversa reintroduce ora nuovamente nell’ordinamento giuridico ceco il principio giuridico classico, stabilendo che “parte integrante del suolo è lo spazio sopra la superficie e anche sotto la superficie, le costruzioni erette sul suolo ed altri impianti ad eccezione di costruzioni temporanee, incluso ciò che è inserito nel suolo o murato” (§506, comma 1). Tale disposizione di legge, in sé corretta, comporta tuttavia un serio problema di regime transitorio, che i §§ 3054 – 3061 tentano di risolvere. La costruzione che appartiene allo stesso proprietario del suolo sul quale si erge, cessa di esistere, alla data di efficacia del Nuovo Codice civile, come bene autonomo e diventa parte integrante del terreno (§ 3054). Però, laddove attualmente il proprietario del terreno è diverso dal proprietario del fabbricato, la situazione giuridica relativa alla titolarità non cambia fintanto che, diventando costruzione e terreno proprietà di una sola parte, l’edificio non cessi di essere un bene autonomo.

Tuttavia, i problemi maggiori sorgono in caso di comproprietà: gli operatori del diritto fanno presente che, nonostante la normativa transitoria, restano irrisolti i casi di comproprietà in cui, ad esempio, due comproprietari posseggano il suolo e la costruzione, ma con quote differenti, per cui uno detiene la quota maggiore di comproprietà del suolo e la quota minore della costruzione e viceversa.

Rimangono problematici anche altri casi quali, ad esempio, quello della cessione di un terreno sul quale si trova un fabbricato che non è soggetto alla trascrizione nel registro fondiario oppure il caso in cui la trascrizione nel registro fondiario non corrisponde alla realtà. In tali circostanze, l’acquirente del terreno sarebbe in buona fede sul fatto che la costruzione è parte integrante del terreno e ne diventerebbe il proprietario.

Nel Nuovo codice civile la tutela giuridica, infatti, è riconosciuta in primis all’acquirente in buona fede, con la conseguenza che la tutela del proprietario del fabbricato passa in secondo piano: quest’ultimo potrebbe eventualmente rivendicare un risarcimento, ma perderebbe irrimediabilmente il diritto di proprietà sull’edificio.

Secondo la disposizione del § 3056, comma 1, ove il proprietario del suolo è un soggetto differente dal proprietario del fabbricato, il primo gode di un diritto di prelazione sul fabbricato e il secondo un diritto di prelazione sul suolo. Tale diritto di prelazione ha un carattere giuridico oggettivo, dovrebbe essere trascritto nel registro fondiario e non lo si può escludere con un accordo contrario.

Si può prevedere, peraltro, il sorgere di altri problemi in caso di fabbricato situato su più suoli, poiché il Nuovo Codice civile non dà una risposta univoca alla questione, rimettendo la soluzione alla giurisprudenza.

In materia di prescrizione, il Nuovo Codice civile apporta importanti modifiche perché si discosta dal carattere cogente della prescrizione stabilita nell’attuale Codice civile 1964, che vieta alle parti negoziali qualunque deroga alle norme di legge. Finora nel codice civile il termine generale di prescrizione era di tre anni, mentre nel codice commerciale era di quattro anni. Nel Nuovo Codice civile l’unico termine di prescrizione, comune anche ai rapporti commerciali, sarà di tre anni.

In tal modo, nell’ambito del diritto commerciale la prescrizione si riduce di un anno. Una novità è però rappresentata dal fatto che l’inizio della decorrenza del termine di prescrizione è collegato al momento in cui il soggetto legittimato viene a conoscenza delle circostanze rilevanti per la decorrenza del termine di prescrizione oppure al momento in cui poteva o doveva venirne a conoscenza.

Secondo il Nuovo Codice civile sarà possibile per le parti concordare un termine di prescrizione più breve o più lungo, calcolato a partire dalla data in cui il diritto poteva essere esercitato per la prima volta (§ 630). Le parti, tuttavia, nel concordare un termine di prescrizione, debbono rispettare i limiti di una durata minima di un anno e massima di quindici anni. D’altronde, una riduzione della durata del termine di prescrizione non è ammessa se ha per oggetto un diritto sorto a seguito di un danno alla libertà, alla vita, alla salute o dalla violazione volontaria di un obbligo.

Nel Nuovo Codice, inoltre, non si tiene conto di accordi che prorogano o riducono il termine di prescrizione a svantaggio di una parte più debole. Le disposizioni relative all’inizio, all’esistenza o alla decorrenza del termine di prescrizione sono cogenti anche nel Nuovo Codice civile, così come si pone rimedio ai casi finora frequenti in cui il debitore prolunga intenzionalmente la trattativa stragiudiziale con la promessa di pagare il proprio debito, per poi, scaduto il termine di prescrizione, rifiutare l’adempimento eccependo la prescrizione. Ora quindi il termine di prescrizione non inizierà a decorrere nel caso in cui debitore e creditore tra loro abbiano concluso un accordo stragiudiziale avente come oggetto un diritto prescrittibile (§ 647).

Qualora il termine di prescrizione sia iniziato a decorrere già prima dell’accordo, quest’ultimo ha come effetto la sua sospensione. Il termine di prescrizione in questi casi ricomincia a decorrere solo quando il debitore o il creditore si rifiuti di adempiere la propria obbligazione contrattuale.

Anche in materia di successioni, dall’inizio del 2014 il sistema giuridico ceco vedrà una riforma radicale, grazie alle disposizioni del Nuovo Codice civile. Esso dispone infatti la prevalenza della successione negoziale rispetto a quella legale: il testamento e il patto di successione, introdotto ex novo dalla riforma, prevalgono sulla successione per legge tanto è vero che l’erede legale potrà rinunciare all’eredità ancora prima della morte del proprio futuro dante causa, ad esempio anche a favore di terzi, e verrà ampliata la cerchia degli eredi legali comprendendo gli ascendenti e i collaterali.

L’opera riformista, peraltro, non si è fermata all’ambito civilistico, anzi essa è stata preceduta dall’introduzione nella Repubblica Ceca con la Legge n. 40/2009 Coll. del Nuovo Codice penale. Esso non è stato preceduto da alcun dibattito di rilievo, tranne le riflessioni dei pratici del diritto. Il fatto che la riforma civilistica in corso sia stata viceversa oggetto di accesa discussione, prova l’importanza chiave di cui gode il diritto civile all’interno del sistema giuridico ceco. Tuttavia, a mio avviso, le critiche, spesso a sfondo sarcastico, indirizzate agli autori del Nuovo Codice civile, non sono sempre pertinenti e condivisibili, considerando l’alacre lavoro pluriennale che vi sta dietro. Certo è che al Nuovo Codice civile avrebbero dovuto essere risparmiate alcune norme del tutto superflue, come ad esempio la disposizione del § 1046, comma 1, che recita: “L’animale selvaggio è senza padrone finché vive in libertà”.

Il Nuovo Codice civile, peraltro, offre lo spunto per alcuni paralleli storici con il diritto romano. È vero che il diritto civile classico della giurisprudenza dei primi secoli dopo Cristo è stato giudicato attuale nel VI secolo quando è stato utilizzato come materiale per il Digesto di Giustiniano e, secoli più tardi, per la revisione del Digesto da parte di Irnerio, quando i glossatori trovarono nell’istruzione giuridica classica romana risposte sempre attuali ai problemi inerenti il diritto privato. Tutto ciò avveniva in nome della perenne traditio giuridica, della continuità, che dava una certa garanzia di giuridicità ai pronunciamenti giudiziali, legalizzati da generazioni di predecessori. Le dinamiche sociali, economiche e politiche dei tempi moderni non sono però paragonabili a quelle del passato. Lo sviluppo nei singoli decenni dell’epoca attuale porta con sé cambiamenti maggiori rispetto a quanto sia avvenuto in passato in un orizzonte temporale di secoli.

Sebbene ciò possa suonare come un paradosso, proprio alla luce di questo fatto storico la scelta degli autori del Nuovo Codice civile della Repubblica Ceca, battezzata dal legislatore, in favore della cancellazione della tradizione del diritto privato degli ultimi decenni e del ritorno a concetti e contenuti di sessant’anni fa, non è stata una scelta delle più felici. Anziché far riferimento a qualcosa che gli operatori avevano almeno in parte già sperimentato, ora nella Repubblica Ceca con il diritto privato sarà necessario ricominciare da capo, con tutti i problemi e le complicazioni che ogni nuovo inizio porta con sé. Il diritto, per poter maturare, affinché i cittadini possano prenderlo sul serio e rispettarlo per convinzione, richiede stabilità, continuità, e non modifiche avventate e continue, come formulato nel classico brocardo: “Justitia est constans et perpetua voluntas jus suum cuique tribuendi”.

Modifiche graduali, spontanee e lente dovrebbero rappresentare la strada giusta per trasformare le leggi di uno Stato di diritto, in particolare laddove è definitivamente perduta l’illusione di poter raccogliere tutto il diritto in un unico testo completo ed esaustivo. Il Nuovo Codice civile ceco purtroppo ha preso la strada contraria.